1. Parlaci del tuo lavoro. Quali studi hai conseguito e dove eserciti la tua professione oggi?
Sono una Psicologa Psicoterapeuta. Si, sono e non faccio, sarebbe troppo parziale e meccanico ridurlo ad un semplice fare. Il mio lavoro è nato da ciò che sentivo di essere ed è cresciuto attraverso studi ed esperienze come un abito che continua a modellarsi con il trascorrere del tempo, arricchendosi di forme e significati. E così, oltre al lavoro clinico presso in mio studio, mi sono avvicinata in questi anni, ad esempio, alle tematiche lgbtqi, collaborando con Agedo ed Arcigay, sensibilizzata dalla discriminazione vissuta da un mio paziente a causa del suo orientamento. Ho realizzato progetti di sostegno psicologico per ragazzi/e e famiglie, progetti di prevenzione al bullismo omotransfobico nelle scuole, formazione alle tematiche lgbt per medici, pediatri, insegnanti, genitori, formazione e prevenzione della violenza di genere ed al bullismo. La consapevolezza più importante in questi anni è stata che non poteva essere sufficiente curare un disagio, ma prevenirlo, creando una società più accogliente, doveva essere la strada maestra da seguire.
Ho conseguito la laurea presso l’Università di Bologna, sede distaccata di Cesena. Un luogo e degli anni che ricordo sempre con grande affetto. Conseguita la laurea sono ritornata a Foggia, la mia città natale, dove attualmente svolgo prevalentemente la mia professione. Qui, mentre svolgevo il mio tirocinio post laurea ho iniziato subito a lavorare fondando una cooperativa sociale di psicologi, realizzando progetti per la Asl del territorio. La continua formazione però è stata sempre un punto fermo nel mio percorso. Il desiderio di conoscere e di affinare tecniche di aiuto verso l’altro mi ha portato a conseguire due specializzazioni: una in psicoterapia ed una in supervisione clinica a Napoli.
2. Quali sono le qualità indispensabili per poter svolgere al meglio il tuo lavoro?
Una delle qualità indispensabili è il saper ascoltare, che non può essere solo il frutto di una tecnica messa in pratica, ma che si deve accompagnare ad un voler ascoltare, all’essere protesi empaticamente verso l’altro. E’ importante saper creare un clima relazionale dove potersi sentire accolti, riducendo la paura dell’introspezione e facendo spazio all’emersione e la cura di Sé.
Ogni qualità personale, però, può diventare utilissima al processo terapeutico, se messa a servizio del bene dell’altro
3. Quali consigli puoi dare a chi vuole intraprendere una carriera come la tua?
Un ottimo modo per iniziare è chiedersi il perché. Interrogarsi sulle proprie inclinazioni, gli obiettivi e le passioni. La consapevolezza di se stessi è un potente motore che riesce a condurti con serenità e determinazione verso i tuoi obiettivi personali. E sentire sempre la necessità e la curiosità di imparare.
4. Sei molto sensibile alle tematiche legate al mondo delle donne. Ti capita spesso di avere come pazienti donne vittime di violenze domestiche? Come si possono aiutare nel concreto queste persone? Molte volte immagino siano loro stesse a non rendersi conto di quello che succede loro in casa, di cosa sia giusto e di cosa no, dei limiti oltre il quale “l’altro” non dovrebbe spingersi. Come si può aiutarle ad aprire gli occhi?
Mi occupo di tematiche di genere come formatrice e come terapeuta. Un’ evoluzione naturale, poiché la radice della discriminazione lgbt è la stessa della violenza di genere: ruoli di genere stereotipati, rigidi ed asimmetrici, legati ad una cultura patriarcale, generano discriminazione e violenza. La violenza infatti, per definizione, è determinata da uno squilibrio di potere tra chi domina (o ritiene di dover essere dominante) e chi subisce. La violenza sulle donne non è un problema delle donne, ma di una intera società che educa ai generi in modo da creare una disparità. Pensiamo ad esempio a quanto maschi e femmine vengano educati differentemente alle emozioni. I bambini incoraggiati all’uso della forza e della rabbia, ma inibiti nella tristezza (“non fare la femminuccia”), a differenza delle bambine, a cui è consentita l’espressione della tristezza, incoraggiata la dipendenza, ma non determinazione o irruenza (“sembri un maschiaccio”).
Una delle cose che mi fa piacere dire alle ragazze, quando le incontro nei progetti scolastici, è che l’amore non è possesso. L’eccesso di gelosia, il controllo del telefono, la gestione del tempo libero e delle amicizie non è amore. E’ una gabbia, è dominio. Ogni relazione è sana se possono esistere e svilupparsi entrambe le identità in relazione. Se una identità è sottomessa alla volontà dell’altro si è già in un contesto di violenza.
5. Ho letto in un tuo post su Facebook questa frase “La sofferenza emotiva ha la stessa dignità della sofferenza fisica. L’accesso alla sua cura deve essere garantito a chiunque ne abbia bisogno”- Perché invece secondo te lo stato non tutela questo importantissimo aspetto della salute? Si sta muovendo qualcosa in tal direzione? C’è la speranza di poter in futuro ricevere un sostegno dallo “psicologo di base”? Quali gli ostacoli nella realizzazione di questo fantastico progetto?
Se è considerato naturale andare dal medico per l’emicrania, disturbi dermatologici o intestinali non è ancora altrettanto naturale e garantito andare dallo psicologo per una sofferenza emotiva. Questo gap nega, tra l’altro, il legame tra psiche e corpo. Il benessere generale di una persona è garantito dalla salute sia psichica che funzionale. Ritengo che l’accesso allo psicologo di base debba essere riconosciuto come un diritto fondamentale delle persone. Non dimentichiamo che spesso una persona arriva ad un percorso di terapia dopo aver effettuato spesso inutili visite specialistiche per disturbi rivelatisi psicosomatici, ovvero di natura emotiva. Intercettare subito la causa del disagio, grazie allo psicologo di base ridurrebbe i costi sanitari. Anche in questo caso, l’ostacolo è la difficoltà a cambiare paradigma di pensiero.
6. La tua più grande soddisfazione nel lavoro?
Ogni volta che un paziente al termine di un colloquio è più in armonia con sé stesso o ha raggiunto una consapevolezza che gli è d’aiuto o che si sente più forte e centrato su se stesso. Ogni volta che mi guarda con gratitudine, perché sente di aver ricevuto qualcosa di importante. Ogni volta è una grande soddisfazione. Le più grandi quando si chiude una terapia dopo aver raggiunto gli obiettivi. Sento di essere privilegiata nell’osservare la rinascita psichica in chi mi saluta pronto e desideroso di spiccare il volo.
7. Ti capita spesso che i pazienti ti mentano? Come te ne accorgi?
Certo che si. Spesso c’è la paura di essere giudicati, poiché sono loro stessi giudicanti con se stessi. Il paziente attribuisce alla terapeuta una grande importanza e quindi un potere. Ha bisogno di fare una buona impressione. E’ un meccanismo di difesa, quindi, che si indebolisce quando la relazione di fiducia si rafforza. Me ne accorgo spesso. Lo studio e la stimolante osservazione del linguaggio non verbale mi ha resa piuttosto esperta. Dentro di me sorrido teneramente. Capisco che ha bisogno di tempo, che deve “pesarmi”, che deve comprendere se può fidarsi. Alcuni nodi hanno bisogno di tempo per sciogliersi.
8. Con il tuo lavoro aiuti a gestire le emozioni. Tu riesci a farlo sempre?
Per fortuna no. Ho imparato a gestirle decisamente meglio rispetto a quando ero ragazza, ma se sapessi gestire sempre tutto non mi sentirei sufficientemente umana. Sono stata un’ adolescente timidissima e non avrei mai immaginato di poter condurre in futuro incontri con 300 ragazzi e ragazze. Ho ancora paura ogni volta, ma ho imparato a non farmi guidare da questa, ma dalla passione. Non mi sento perfetta, guai a sentirsi tale. Il senso della crescita e del migliorare se stessi dà gusto alla vita.
9. Come possiamo insegnare ai nostri figli l’altruismo, il rispetto verso il prossimo e l’accettazione del diverso?
Mi piacerebbe dire che è sufficiente esserne l’esempio, il che non è poco, ma non basta. I bambini e le bambine sono calati in tanti contesti che educano, con insegnamenti non sempre inclusivi verso l’altro. E’ necessario che tutti i contesti educativi e di massa siano consapevoli e si adoperino per veicolare questi messaggi
10. Stiamo vivendo un periodo molto difficile. Paure, ansie, solitudine e tante certezze messe in dubbio. Quale consiglio puoi dare per affrontare al meglio questi giorni di isolamento?
Nessuno di noi avrebbe mai immaginato che in breve tempo avremmo potuto perdere certezze ed abitudini. Questo lockdown che costringe in casa è differente per ognuno, perché comporta difficoltà diversificate: c’è chi inizia ad avere problemi economici, chi non vive rapporti sereni e sicuri in casa, chi lavora in ospedali covid, chi vive solo, chi come gli adolescenti soffre particolarmente per la distanza con il gruppo dei pari, chi soffre di altre patologie ecc… ed è complicato dare un consiglio che si adatti al vissuto di ognuno. Ciò che è fondamentale è prendersi cura di sé, cercando di non chiudersi in pensieri improduttivi che lascino rimuginare ansiosamente, senza poter approdare a pensieri ed azioni costruttive. E’ necessario costruire una nuova routine di vita, che dia struttura alle giornate e dove sia possibile scoprire o ritrovare passioni ed interessi che costruiscano benessere emotivo. Non serve guardare ossessivamente le notizie, possono bastare 1 o 2 momenti della giornata per informarsi, stando attenti a consultare le fonti ufficiali, per non incorrere in fake. Ma, soprattutto, è importante continuare a coltivare gli affetti, anche a distanza, e mettersi in ascolto di se stessi. E’ possibile, inoltre, cercare e trovare aiuto nei tanti professionisti psicologi e psicoterapeuti che offrono sostegno online.
11. Possono esserci aspetti anche positivi da far emergere in un momento difficile come questo?
E’ necessario centrarsi sulle opportunità soprattutto nei momenti più difficili, altrimenti non saremo in grado di superarli senza riportarne grosse ferite. Nella nostra esperienza di vita sappiamo che spesso le esperienze più dolorose sono quelle che hanno poi prodotto una crescita personale. E’ possibile, anzi direi che è necessario, che ciò che stiamo vivendo diventi una opportunità di crescita sia a livello individuale che collettivo. A livello individuale può farci riflettere su ciò che è davvero importante nella vita, ristabilendo priorità ed identificando il superfluo, che ha spesso ingombrato il nostro vivere quotidiano, prima della quarantena. Possiamo imparare ad ascoltarci di più, rafforzando un rapporto con sé; dare spazio alla gratitudine per tutto ciò che c’è o c’è stato nella nostra vita, ma anche sentire il valore di un pensiero gentile, un piccolo gesto, un sorriso. A livello collettivo possiamo imparare finalmente a sentirci insieme, come un’unica umanità che fronteggia compatta un problema comune. Possiamo capire che proteggere l’altro equivale a proteggere se stessi, che egoismi ed individualismi non portano lontano, ma sono l’empatia e la solidarietà le vere chiavi.
12. Quando senti che la vita ti schiaccia, quando ti accadono cose brutte, quando senti che stai per perdere il controllo, tu cosa fai?
Mi concedo del tempo con me stessa, faccio dei respiri profondi per cercare un contatto con le parti più intime di me. Metto in ordine pensieri ed emozioni, mi chiedo cosa mi spaventa o mi rattrista e me ne prendo cura. Mi aiuta la consapevolezza di sapere che la vita non è mai tutta in discesa e che è proprio nei momenti più difficili che non bisogna lasciarsi andare, ma che è possibile trasformarli in apprendimento, in crescita, per diventare una persona migliore.
13. Le tue 3 canzoni preferite?
Imagine di John Lennon;
La cura di Franco Battiato;
Rome wasn’t built in a day dei Morcheeba
14. Se potessi entrare in un dipinto, quale sceglieresti e perché?
Lo stagno delle ninfee di Monet. Ho avuto la fortuna di vederlo dal vivo ed è impossibile non restare in contemplazione. E’ un’oasi di pace e di colore, che ti catapulta in una dimensione di contatto profondo con la natura. E’ rigenerante
15. Ho sentito dire che siamo il risultato delle ultime 7 generazioni che ci hanno preceduto. In pratica anche le vite dei nonni, o dei nonni del nostri nonni, influenzano chi siamo oggi. Pensi sia vero?
Certo, è possibile che moduli psichici, modalità di relazione e modelli rappresentativi del mondo vengano trasmessi di generazione in generazione. I bambini le interiorizzano, interagendo con le figure affettive di accudimento, ed elaborano un’idea di sé, dei genitori, dello stare relazione e del mondo. Le rappresentazioni che ne derivano sono quindi determinate dalla struttura di personalità dei genitori e dalle loro rappresentazioni ed esperienze di vita; quella dei genitori a sua volta è stata influenzata da quella dei nonni e così via. Questo però non deve chiuderci in un determinismo rigido, dove non è possibile essere differenti da ciò che sono stati i nostri genitori ed i loro avi. La consapevolezza, la motivazione personale, la libera scelta permette di affrancarsi e di scegliere come guidare noi stessi e le nostre vite
16. Quando è il momento giusto per prendere un appuntamento? Come lo capisco quand’è necessario l’aiuto psicologico?
Spesso le persone decidono di intraprendere una psicoterapia quando sono al limite delle loro risorse, quando si accorgono che da soli non riescono più ad aiutarsi, vivendo l’approdo alla terapia come un fallimento personale. Mi rattrista molto perché la psicoterapia è un meraviglioso dono che si può fare a se stessi, è un percorso di crescita, di consapevolezza, è l’opportunità di affrontare la vita sapendo valorizzare le proprie risorse, imparando ad amare ed accogliere i propri limiti per cercare di superarli. E’ un atto d’amore verso se stessi. Quindi, contrariamente al comune sentire, ogni momento può essere quello giusto. Spesso al termine di un primo colloquio chiudo con degli auguri, restituendo così la gioia per questa scelta. Scegliere di prendersi cura di sé è l’inizio di una relazione di profondo amore verso se stessi.
17. Ho letto che l’imprenditore Drew Houston, il fondatore di DropBox per intenderci, quando parla dello scopo della vita, dei desideri mossi dal cuore, delle pulsioni che ti spingono a lottare per ottenere ciò che davvero vuoi, paragona tutte queste emozioni ad una pallina gialla. Per molti cani la pallina gialla è inspiegabilmente l’oggetto del desiderio, lo scopo per cui farebbero qualsiasi cosa, anche gesti folli ed insensati a volte. È importante che ognuno capisca qual è la propria pallina gialla. La tua qual è?
Non può che essere l’amore, la tenerezza e l’autenticità. La vicinanza, l’ intimità emotiva, esserci per sé e per l’altro sono il sale della mia vita. Da soli siamo nulla, ma una vicinanza sincera, tenera, mossa da reali sentimenti empatici può muovere il mondo. Non c’è bisogno di scopi ambiziosi per essere felici, ma permettersi l’autenticità dei propri sentimenti e del proprio essere rende liberi. Da bambina la mia sensibilità sembrava un problema, qualcosa da nascondere perché simbolo di fragilità. Quando ho scoperto che poteva essere la mia forza ho smesso di lasciarmi influenzare da questi giudizi e mi sono sentita libera, tutto ha acquisito più senso e la mia “fragilità” si è trasformata in autentica forza vitale. La pallina gialla , per dirla con Houston, penso sia dentro di noi, nella miglior realizzazione di quello che siamo.
18. Se chiudi gli occhi e respiri profondamente che profumi riesci a cogliere in questo momento?
Sento i profumi della primavera, del basilico che cresce in un vaso sul mio terrazzo
19. Un tuo ricordo felice dell’infanzia?
Tutti i miei ricordi sono legati a momenti semplici, ma emotivamente densi, Recentemente ho ricordato, grazie anche ad una foto, una gita al mare con la famiglia allargata. Avevo 3 anni, in spiaggia non c’era nessuno, il tempo era davvero brutto, ma nessuno aveva voglia di andar via. Coperta con una maglia decisamente abbondante, premurosamente prestata da una zia, mi sentivo libera. Correvo sulla spiaggia in compagnia di 2 grossi cani sciolti. Quando ci ripenso sento ancora il vento tra i capelli.
20. Una frase o citazione che pensi possa rispecchiare il momento che stiamo vivendo oggi?
“Nulla impedirà al sole di sorgere ancora, nemmeno la notte più buia. Perché oltre la nera cortinadella notte c’è un’alba che ci aspetta.” KHALIL GIBRAN
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